Melchiorre Murenu

Melchiorre Murenu

(Macomer, 1803 –Macomer, 1854)

D

opo cento anni dalla morte di Murenu la sua poesia è stata riscoperta per il suo valore. Non si sa cosa sia attribuibile direttamente a lui e cosa invece no, sappiamo solo che le fonti dalle quali sono state estrapolate le notizie sono tutte da analizzare. Ci sono poche poesie autografe e poche pubblicazioni fatte quotidianamente dall’autore e fidarsi dunque delle dicerie popolari rimane un grande rischio al pari della sua produzione manoscritta. Circa la sua maniera di fare poesia vi sono tantissime leggende e una gran mole di racconti. Il primo a riferirci notizie sul suo conto fu il Can. Giovanni Spano. Egli ci informa che nacque nel mese di marzo del 1803 da Battista Ledda Murenu e da Angela Pala. Aveva una gran memoria, gli era sufficiente ascoltare una sola volta per ripeterlo nuovamente. Aveva antipatia per i bosani ed aveva persino conosciuto il carcere. Poetava tutto il giorno. Il suo divertimento era cantare e improvvisare in versi. Aveva problemi agli occhi e non conobbe dunque la bellezza di alcun cielo stellato. I fratelli divennero servi mentre egli finì per vivere insieme alla propria madre vecchia e vedova. Era religioso, ebbe una disputa poetica con il fonnese Maloccu, frequentava le sagre popolari, aveva antipatia per i grandi feudatari, morì a causa della vendetta usata nei suoi confronti per via dei suoi stessi versi. Fu assassinato il 21 di ottobre del 1854. 
Il vaiolo, una brutta malattia, gli aveva danneggiato gli occhi, se non fosse stato per quello chissà quante cose avrebbe potuto fare? Dopo la sua morte, gli fu tagliata la testa e si osservò che fosse dotato di un grande cervello. Meritava dunque che le sue spoglie venissero tumulate in una tomba appropriata. Sarebbe stato molto importante avere cura di tutte le sue opere per riconoscergli il merito spettante. Dall’Archivio di Stato di Cagliari ci vengono altre notizie biografie: si recava a Suni a fare visita alla sorella, ebbe una lite con il prete della chiesa del suo paese un tal don Tavera, fu incarcerato a causa dei suoi insulti, la guerra contro i bosani, la sua povertà, la libertà del praticante Gattu ecc. Le poesie ci descrivono il dispiacere del poeta in maniera più chiara di ciò che al contrario altri hanno tramandato. Disse a Monsignor Bua: Deo, Melchioro Murenu, / possedo tantos affannos: / dae pizzinnu ‘e tres annos, / pro mia crudele azzotta, / un’infettu ‘e pigotta / sa vista mi nd’hat leadu (…) restande poveru e zegu / senz’isperanzia nessuna; / senza benes de fortuna / poberu e disamparadu.
Ci sono varie teorie sul decesso di quest’uomo: le due più rilevanti sono le seguenti: 

1) La prima afferma che fosse stato gettato per vendetta dal precipizio di Santa Rughe. Forse pare fossero stati dei bosani in collera a causa dei versi del poeta contro il loro paese;

2) La seconda invece afferma che sarebbe stato assassinato da un sassarese a causa della poesia sa dinda troppu fantastica per le offese alla figlia.

È opportuno inserire alcune parti della poesia per meglio osservare quanto questa fosse effettivamente pungente.

DINDA TROPPU FANTASTICA

Dinda, troppu fantastica in sas pumas,
confusa ses de tanta fantasia;
e-i sa genitora maladia
est fattu tou, mancari presumas.

Ca ses macca e non ischis cantu faltat
sa chi possedis de presunzione;
cungregada est cun issa in unione,
dogni meritu bonu si che appaltat;
su difettu maternu est chi t’assaltat
in su mezus fiore ‘e pizzinnia.

Sa fantasia vana est in sas maccas,
sos fumos in su poveru arricchidu;
pro cussu las has postas in olvidu
sas costrintas, mischinas e fiaccas;
pro esser assistida cun teraccas
tenes una superba bramosia.

Troppu tenes superbia e fervore;
sa boria si ti legget in su fronte.
Ma Deus tenet sole in s’orizonte
pro distruer a tempus su lentore;
inue b’hat de poveros sudore,
sa sienda s’iscazat che ‘iddia […].

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