Francesco Masala (Cicitu)
(Nughedu, 1916 – Casteddu 2007)
F
requenta il liceo a Sassari e si trasferisce a Roma, dove conseguirà la laurea con Natalino Sapegno con una tesi sul teatro di Pirandello.
Partecipò alla seconda guerra mondiale combattendo sul fronte jugoslavo e russo, meritandosi una decorazione al valor militare. Torna quindi in Sardegna, dove insegnerà Italiano e Storia prima a Sassari e poi a Cagliari.
Francesco ha scritto parecchio. Instancabile giornalista pubblicista, per oltre 50 anni scrive su giornali, quotidiani e riviste, tra cui l’Unione Sarda, La Nuova Sardegna e i periodici bilingui Nazione Sarda e Sa Republica Sarda. Con il primo periodico si fa promotore di un Comitadu pro sa limba, che elaborerà una importante proposta di legge di iniziativa popolare – che venne sottoscritta da 13.650 elettori sardi – per introdurre nell’isola il bilinguismo perfetto, in base all’art. 6 della Costituzione italiana.
Francesco Masala difese la Lingua sarda e ne promosse la valorizzazione. Fu un sostenitore convinto della parificazione giuridica e pratica del Sardo con l’Italiano e dell’introduzione nelle scuole di ogni ordine e grado dell’insegnamento curricolare della Lingua sarda.
Nel 1951 vince il Premio “Grazia Deledda”. Le sue opere vengono tradotte in numerose lingue. La sua seconda raccolta di poesie, “Pane nero” venne tradotta addirittura in russo e in spagnolo.
Nel 1957 e per alcuni anni è stato Presidente del prestigioso “Premio Ozieri di Letteratura sarda”.
Nel 1962 pubblica il suo primo romanzo in italiano “Quelli dalle labbra bianche” che riscosse un grande apprezzamento, tanto da essere trasposto sia per teatro, con il titolo “Sos laribiancos”, e sia per il cinema.
In collaborazione con Romano Ruiu scrive il dramma popolare bilingue “Su Connotu”. Scrive anche dei radiodrammi in sardo e italiano trasmessi dalla RAI nel 1979 e nel 1981.
Nel 1989 pubblica il suo primo romanzo in lingua sarda: “S’Istoria” in cui racconta le vicende di un paese della Sardegna, Biddafraigada, dalla fine della prima guerra mondiale all’avvento dell’industrializzazione petrolchimica.
“Nell’opera di Masala, poesia e politica si fondevano in un tutt’uno. I suoi versi e i suoi romanzi erano sferzanti, duri, scomodi per la società sarda degli anni sessanta e settanta, quasi completamente inchinatasi a quel “Dio petrolio” che lo scrittore sbugiardò senza pietà. Masala denunciò lo stravolgimento antropologico dei sardi per effetto di un processo di modernizzazione che, in cambio di un posto da operaio, pretendeva di fare tabula rasa di una cultura popolare ancora viva e feconda” 21.
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