Giuseppe Sotgiu (Sozu)

Giuseppe Sotgiu (Sozu)

(Bonorva, 1914 –  Bonorva, 2008)

P

oeta di collegamento tra la seconda e terza generazione storica degli estemporanei, si è caratterizzato per i versi costruiti con perfezione metrica e liricità in cui emergeva l’ampia conoscenza della lingua e del vocabolario logudorese. L’esordio, a soli 11 anni, “sa die de su tusolzu in su cuile nostru” fu l’inizio di una carriera che andò avanti per oltre 50 anni. Fu da subito apprezzato dal pubblico per serietà e capacità di ragionamento, esibendosi per decenni con Salvatore Sassu, Salvatore Tucone e, soprattutto, Raimondo Piras. Con quest’ultimo ha fatto coppia fissa per oltre trent’anni dando vita alla “gara” per eccellenza, attesa per decenni in tutti i paesi della Sardegna come un avvenimento immancabile. Da non scordare inoltre le esibizioni per i sardi emigrati nel continente italiano e in diversi paesi europei (soprattutto Francia, Belgio, Germania,  mete degli emigrati locali). Negli anni Trenta la sua carriera subì un arresto per via dei divieti del regime fascista ma successivamente poté esibirsi incessantemente fino al 1993 quando abbandonò definitivamente questa carriera. Solamente nel 1996, per la ricorrenza del centenario della prima gara pubblica organizzata da Cubeddu, risalì, ancora una volta, sullo storico palco della Piazza Cantareddu di Ozieri. Morì a Bonorva il 27 marzo del 2008 all’età di 94 anni. Con Sozu si sono formati i cantadores più giovani: Bernardo Zizi, Antonio Pazzola, Francesco Sale, Mario Masala e Francesco Mura. Da ricordare le dispute anche con Piredda, Piga, Demartis, Pulina, Fadda, Nìnniri, Pinna, Longu, Biosa, Seu, Chignini, Mura, Sale, Carta. La sua poesia si fondava su tre elementi di assoluto valore: la sostanza del ragionamento, la musicalità del verso e la ricchezza della lingua. La sua presenza sul palco è sempre stata una garanzia per la buona riuscita della gara.

A DUOS GIOVANES COLLEGAS

Ponidemi sa morte in abbandonu
prite si morzo deo no est recreu.
Sa carriera bos cambiat tonu,
non ch’azis a pigare a s’empireu.
Si campo deo da’ su sinu meu
suides calchi ticcu e latte ‘onu.
Pero si morzo deo, ite castigu!
Azis a suer latte ‘e crabufigu.

Lassademi ‘e sa morte sa cundanna,
ca che a bois non morzo in sa gherra.
Diappaer cantadu semper: Osanna!
Ma si sighides custa cuntierra
mi leo tando una bertula manna
e bos che ponzo unu in cada perra.
Bos bogo in ziru pro fagher a rier
e pagan deghe francos pro bos bier. 

A MARIEDDU MASALA

Tue a mie m’abbaidas a pilos
e-i su deperimentu ‘ides in-cue,
e-i sos annos chi tenzo lassamilos
non che los poto imbiare atterue;
a mie deperidu pares tue
proite as miminadu vinti chilos.
E de a mie ti nde meravizzas
da chi de su chi sese non t’abbizzas. 

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